
La formula attuale della Coppa Italia è corretta: non ha bisogno di nessun accorgimento. Invocare un modello sulla falsariga delle coppe nazionali di altri paesi è sbagliato. Diciamo pane al pane e vino al vino: se una piccola squadra di C arrivasse ad affrontare una grande, sarebbe opportuno che lo facesse superando dei gradi di difficoltà. Così, dopo un percorso a tappe, scendere in campo dentro un San Siro offre più soddisfazione. Va a costituire un successo, ripensando a tutti i sacrifici fatti. Se gli accoppiamenti della Coppa Italia fossero completamente casuali, senza basarsi su un ranking, allora la squadra di C potrebbe trovarsi catapultata d’emblée in un palcoscenico importante, magari battendo la favorita e scrivendo pure un'impresa storica. Tuttavia, il cammino nel torneo, nell'immediato, diverrebbe probabilmente via via meno romantico.
Dunque, immettere otto squadre, teste di serie, direttamente agli ottavi di finale della competizione è logico. Le sorprese possono spuntare ugualmente. Basti pensare al quarto di finale tra Spezia e Alessandria di poche edizioni fa, compagini giunte fin lì dopo aver sconfitto club di caratura maggiore. Agli ottavi, i liguri eliminarono la Roma all'Olimpico: io ero allo stadio in quell'occasione e vedere quei tifosi spezzini increduli esplodere di gioia fu emozionante... I piemontesi superarono il Genoa a Marassi. In semifinale andarono i Grigi a vedersela con il Milan. La Coppa Italia è un trofeo prestigioso, un titulo a tutti gli effetti. E poi conferisce l'onore di sfoggiare la coccarda tricolore sulla maglia.
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