
Le quattrocentrotrenta reti messe a segno fra club e nazionale potrebbero bastare a inserire Luis Suárez fra i più grandi calciatori del nuovo millennio: primatista con la selezione uruguaiana, determinante col Barcellona. Eppure, eccessi comportamentali a parte, Luis Suárez è un esempio. L'esempio di come si determina, nel calcio, pur senza continuità di giocate mozzafiato, anche non dribblando avversari o segnando in rovesciata.
Non che non ne sia capace (emblematico il numero da circo ai danni di Benatia in semifinale di Champions League contro il Bayern), ma Luis Suárez mette davanti a tutto l'utilità. È intelligenza al servizio dell'efficacia. Non comparirà sul tabellino della seconda giornata della massima competizione europea, ma sul manto di un Wembley probabilmente malridotto proprio per dare il benvenuto ai blaugrana il n.9 ha dato spettacolo, propiziando due reti (quelle realizzate da Messi) senza neanche toccare la palla.
È il minuto 56 o giù di lì quando un Leo Messi in serata di grazia si accentra all'altezza della trequarti, apre il gioco a sinistra su Jordi Alba e scappa a rimorchio: l'esterno mancino la gioca immediatamente all'indietro verso il centro dell'area dove c'è Suárez, che col terzo occhio vede accorrere il capitano alle sue spalle e finta il tiro di prima mandando fuori giri Dier e permettendo alla Pulga un comodo piattone sinistro all'angolino basso alla destra di Lloris.
E dev'essere piaciuto così tanto a Suárez lo spartito che ha deciso di suonare ancora allo stesso modo al tramonto del match: è ormai scoccato il 90' quando Jordi Alba (ancora lui) in seguito ad un recupero palla alto corre a sinistra e scarica sul numero 9, che stavolta neppure ha bisogno di fintare il tiro per far scorrere un pallone dritto dritto sul piede di Messi. Per il numero 10 la doppietta è una formalità. Per il numero 9 è doppio assist silente, nell'ennesima gara magistrale in cui ha lasciato il segno. E ci è riuscito proprio perché i tre anni a digiuno in trasferta in Europa per lui non sono un peso, perché per essere utili (e belli) non è necessario toccare il pallone. Neanche quando lo si sa fare discretamente.
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