
Il 26 gennaio del 2020 morirono, in seguito alla caduta per scarsa visibilità dell'elicottero della famiglia Bryant, le stelle del firmamento cestistico mondiale, ovvero Kobe e la piccola Gianna Maria. La Bimba vedeva nel suo papà campione la guida più bella ed autorevole che un adolescente possa mai desiderare per la propria crescita.
La giovane era cosi innamorata del suo Big father tanto da seguirne le orme, diventando sin da subito una delle promesse del basket statunitense. Purtroppo il destino è stato beffardo ed in pochi minuti si è portato via la leggenda Mondiale dei canestri, insieme alla sua dolce creatura e a tutti gli altri passeggeri in volo, lasciando un intero Pianeta tra le lacrime, oltre alla sua amatissima famiglia.
Kobe, la sua crescita e l'amore per l'Italia
Era un bambino intelligente cresciuto seguendo le gesta sportive del padre Joe Bryant, grande cestista americano, che dalla NBA passò nel campionato italiano dal 1984 al 1991, giocando nella Sebastiani Rieti, Viola R. Calabria, Maltinti Pistoia (A2) e infine nella Reggiana. Il piccolo Kobe è cresciuto in Italia, dove ha frequentato le scuole elementari e medie, e dove si è formato come giocatore.
Adorava la città di Rieti e la sua gente, ed i reatini amavano lui allo stesso modo. Il suo cuore era italiano, ed era ignaro (ovviamente) che la sua precoce passione travolgente verso il basket, un giorno lo avrebbe reso immortale come Ulisse. Terminata l'esperienza nel nostro paese, una volta giunto in America, si iscrisse all'High School, dove la sua fama nazionale cominciava a crescere a dismisura, grazie anche alla vittoria del titolo statale con la Lower Marion School, un sobborgo nello stato di Filadelfia.
Quel titolo lo portò sotto i riflettori dei grandi Team della NBA, ed i primi ad accaparrarselo furono i Los Angeles Lakers, dove giunse non ancora 18enne, e con i quali divenne uno dei più grandi giocatori di Basket che gli Usa ed il Mondo abbiano mai visto, al pari di Michael Jordan, di cui fu grande amico e fan.
Chi era Kobe Bryant nel privato?
Kobe era un uomo generoso che faceva tanta beneficenza, ma non suonava le trombe davanti a sé, ed aiutava i bimbi malati terminali a ritrovare il sorriso, andandoli a trovare in ospedale per giocarci (anche a basket) e per allietare i loro ultimi giorni di vita rendendoli speciali.
Era una persona leale ed altruista, molto competitivo (anche se aveva smesso di giocare) e sempre con una palla da basket al seguito. Aveva 4 figli, ed era sposato con la bellissima Vanessa (che viveva per lui), e la vita gli aveva dato onori, titoli, fama e gloria, e quella stessa vita la mattina del 26 gennaio si riprese tutto in un solo battito di ciglia.
Dinamica della tragedia
Erano le 9 o giù di li, e il Black-Mamba salì a bordo del suo velivolo con tutti gli altri passeggeri, tra cui la figlioletta Gianna di appena 13 anni. Il pilota, nonostante le avverse condizioni climatiche, riuscì a farlo decollare per raggiungere il campo di allenamento. Poco dopo ci fu lo schianto perché il mezzo, volando troppo basso, non riuscì ad atterrare per via della nebbia e della scarsa visibilità, e così in un attimo 9 vite furono cancellate.
Lui e la moglie fecero il patto di non salire mai in volo tutti insieme, perché se fosse successo qualcosa, almeno uno dei 2 genitori sarebbe rimasto con i figli. Un Presagio? L'accordo fece sì che in quella tragica mattina restassero a casa gli altri 3 figli con la mamma. E così Kobe e Gianna Maria ed i loro amici volarono in cielo senza soffrire, perché l'impatto fu devastante e fulmineo.
L'eroe del basket, cresciuto in Italia, amato e stimato anche dai suoi avversari, in quei giorni prima dell'era pandemica, lasciò un vuoto incolmabile in chiunque, anche ai non sportivi, tanto che venne citato durante un discorso istituzionale da parte del Presidente della Repubblica Mattarella, che gli rese onore e rispetto davanti agli occhi di tutti.
Ciao Kobe, ciao Gianna Maria.

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