
La coppa Libertadores è ancora lì, scintillante e in bella mostra nel museo dello stadio Campeon del Siglo come quella sera del 31 ottobre 1987 a Santiago del Cile. Quella sera il Peñarol salì per la quinta e a oggi ultima volta sul tetto del sud america guidato da un uomo semi sconosciuto che aveva da pochi anni abbandonato la principale professione di insegnate liceale per intraprendere la carriera di allenatore: Óscar Washington Tabárez. Il "Maestro" in quella serata non poteva immaginare il conto che la vita gli chiese circa 29 anni dopo, una malattia oscura dal nome poco sud americano: la sindrome di Guillain Barré, una patologia neurologica che porta progressivamente alla paralisi degli arti.
Tabárez non si è fatto intimorire, e con coraggio e determinazione ha mostrato al mondo intero le sue condizioni fisiche: prima la sedia a motore elettrico con cui seguiva le sedute di allenamento della nazionale uruguaiana durante la Copa América Centenario del 2016, e due anni dopo nel mondiale di Russia ecco comparire al suo fianco in panchina la stampella. "A volte sto meglio, a volte sto peggio. Ma, sino a quando Dio me lo permetterà, continuerò ad allenare" così il "Maestro" da due anni a questa parte continua a liquidare le domande dei giornalisti a proposito delle sue condizioni di salute, sempre con la stampella al suo fianco. Quella stampella che durante il mondiale è diventata un simbolo, come l'esultanza del "Maestro" nelle vittorie contro Egitto, Arabia Saudita, Russia e Portogallo. La gioia, l'umanità e l'orgoglio di un uomo che nella sua fragilità ha raccolto intorno a se l'affetto della sua squadra, quell' Uruguay che guida ininterrottamente dal 2006 e che cerca di tornare sul tetto del mondo 68 anni dopo aver fatto piangere l'intero Brasile al Maracanà.
È andata male. Dopo aver superato il Portogallo di Cristiano Ronaldo negli ottavi, "La Celeste" si è arresa contro la Francia futura finalista perdendo 2-0 complice anche l'assenza per infortunio di Cavani: "Il nostro sogno è finito, ma abbiamo nuovi sogni che cercheremo di realizzare", le semplici parole di Tabárez con la stampella ovviamente accanto, una stampella da esporre accanto alla Libertadores del 1987 magari con una didascalia che riporta le parole del CT francese Didier Deschamps: " A fine partita io e Tabarez ci siamo abbracciati. Mi ha fatto i complimenti, e mi ha detto: “Spero di rivederti ancora.” Cosa gli ho detto!? Che è un uomo meraviglioso, e che ha dato una lezione a tutto il mondo". Parole stupende in un mondo che è quello del calcio ha perso molti dei valori di umanità e sportività che l'ha sempre contraddistinto , come il maestro: Óscar Washington Tabárez.

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