
20 luglio 2018: il Milan vince il ricorso al TAS e, dopo un'iniziale esclusione per opera dell'Adjudicatory Chamber dell'UEFA, viene riammesso nel tabellone principale dell'Europa League, in attesa di futuri provvedimenti disciplinari più congrui. Questo episodio sembra essere la luce in fondo al tunnel tanto anelata dai tifosi rossoneri dopo 2 mesi di pura agonia in cui il Milan ha rischiato un danno d'immagine incalcolabile per un club del suo rango, ma come si è arrivati a questa situazione?
Ebbene, tutto ha inizio quando, in un periodo di vacche magre segnato dagli ultimi anni di gestione della coppia Galliani-Berlusconi, un magnate cino-tailandese di nome Bee Taechaubol (meglio conosciuto come Mr. Bee), nell'aprile del 2015, s'interessa all'acquisizione delle quote di maggioranza del Milan e, in giugno, firma un contratto con Fininvest per trattare l'acquisto del 48% della società rossonera per l'astronomica cifra di 480 milioni di euro; tuttavia, la trattativa è destinata è saltare nel febbraio del 2016 per mancanza di liquidi.
Mentre il Milan annaspa sempre più, facendo sempre più fatica a pareggiare il bilancio nel rispetto dei paletti posti dal Fairplay Finanziario dopo i 90 milioni spesi nella campagna acquisti della stagione 2015/16 e la conseguente mancata qualificazione all'Europa League che ha portato ad un successivo mercato al risparmio, il 5 agosto del 2016 una cordata di imprenditori cinesi facente capo Yonghong Li firma un contratto preliminare con Fininvest per l'acquisizione del 99.93% del club per una cifra intorno ai 740 milioni di euro (con debito annesso pari a 220 milioni). La cordata cinese versa una prima caparra di 100 milioni a nome della Sino-Europe Sports Investment con il closing fissato al 13 dicembre, che però verrà slittato al 3 marzo del 2017 a seguito di una nuova caparra di 100 milioni. Nonostante tutto, il closing non avviene nemmeno questa volta, con il contratto tra le due parti che scade, e slitta ulteriormente al 14 aprile, con Yonghong Li che ratifica un nuovo accordo sotto una nuova cordata chiamata Rossoneri Sport Investment Lux, una società veicolo lussemburghese facente capo lo stesso imprenditore cinese, con il versamento di una nuova caparra di 50 milioni (più un'obbligazione da 50 milioni). Per riuscire nello scopo, Li si fa prestare 303 milioni da un fondo d'investimento di proprietà della Elliott Management Corporation. Alla fine, il 13 aprile arriva finalmente la fumata bianca e il 14 aprile Yonghong Li viene nominato presidente durante l'istituzione del nuovo cda. Insieme a lui, entrano in società David Han Li come direttore esecutivo, Marco Fassone come ad e Massimiliano Mirabelli come ds.
Dopo la qualificazione ai preliminari di Europa League, la società opera un mercato faraonico con una spesa totale di 250 milioni, 11 nuovi giocatori e ambizioni di qualificazione alla prossima Champions' League, con tanto di voluntary agreement da programmare con gli organi UEFA, ma le ambizioni saranno destinate a rimanere i sogni di un folle: 6° posto finale in classifica, 0 trofei in bacheca e Milan bocciato dall'Adjudicatory Chamber dell'UEFA e fuori dalle coppe a causa del mancato pareggio di bilancio e dell'inaffidabilità mostrata dalla proprietà cinese. A questo punto, Paul Elliott Singer, CEO di Elliott, interviene rilevando la società il 10 luglio 2018 dopo il mancato pagamento del debito da parte di Li e, dopo aver mostrato le dovute garanzie e dimostrato iniquità di trattamento con PSG, Inter e Manchester City da parte dell'UEFA in casi simili, il Milan vince il ricorso al TAS venendo riammesso in Europa League e avvia una rivoluzione nel cda con Scaroni nuovo presidente e Leonardo che torna in società in qualità di dt, mentre Yonghong Li, Fassone e i cinesi del cda vengono licenziati per giusta causa, con Mirabelli in bilico. Nel frattempo, Elliott avvia la ricapitalizzazione del club con 150 milioni da investire sul mercato.
Che sia questa la volta buona?
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