
Sono uno dei 22 mila atalantini che comunque sia andata potrà sempre dire con legittimo orgoglio di esserci stato alla finale del 15 maggio. Non c'è streaming o diretta televisiva che possano lontanamente competere con le sensazioni e i brividi provati poche ore fa che riconciliano con lo sport giustamente più amato in Italia è non solo.
Veniamo comunque alla mia personale disamina del match e a mente sgombra e con la più disarmante sincerità mi sento di rendere i dovuti onori ai vincitori della Lazio. Detto sportivamente e doverosamente ciò mi resta la solita spiacevole sensazione del" vorrei ma non posso " tipici delle eterne incompiute come la Dea ieri. Pur concedendo qualsivoglia attenuante alla strepitosa stagione in corso la dura realtà dice che per diventare una grande squadra i trofei bisogna vincerli .
In questo doloroso caso come già nel passato sono troppe le occasioni gettate al vento in casa atalantina, ma fa ancora più male al suo popolo che accada quando onestamente se lo meritava almeno fino a quel momento. A questo punto la palla passa a Percassi perché dimentichi il suo proverbiale ruolo da stopper come quando giocava e si trasformi finalmente in attaccante dimostrando una volta per tutte che la sua Atalanta ha tutte le carte in regola per diventare grande innanzitutto con acquisti adeguati di grandi giocatori che affianchino i pur ottimi giovani da sempre fatti in casa. Tenere il migliore tecnico possibile come Gasperini convincendolo con i fatti e non solo a parole è più semplice che tornare alla retorica che l'unica cosa che conti sia sempre e solo la salvezza.
Vedremo dopo la partita con la Juve cosa accadrà a Bergamo.
Giusta analisi di sprono al cambiamento per una società che dovrebbe proprio riuscirci per meritarsi così tanto amore della sua gente.