
C'è stato un tempo in cui i calciatori parlavano poco. Perché a parlare, per loro, erano le gesta sul campo. Per questo erano considerati eroi. Inarrivabili, irraggiungibili, distanti. Miti silenziosi. Una sorta di divinità in terra con gli scarpini ai piedi. Poi, gradatamente e sempre di più, hanno sentito la necessità di esprimersi su ogni cosa: dalle cose più futili a quelle più importanti come la politica. E da eroi dell'immaginario collettivo si sono così ridimensionati. Non trovandosi più nella posizione comoda esente dalle critiche e dalle accuse. Talvolta forti e inaccettabili.
Il perché Sinisa Mihajlovic abbia ritenuto opportuno fare il suo endorsement alla candidata di centrodestra per le regionali emiliane anziché preferire la riservatezza, mi sfugge. Certo non mi stupisce: da anni è infatti risaputo che la sua ideologia politica tenda in quella direzione. Detto questo, inorridisco leggendo i commenti e l'odio riversato su di lui da chi non ha gradito questa presa di posizione. Mi domando, con amarezza: come si può augurare ogni male, facendo riferimento con vile pressapochismo alla malattia con la quale lui sta dignitosamente combattendo, per una dichiarazione esplicita di voto non conforme alla propria?
La deriva di questi tempi è indicibile perché a mancare è il rispetto. Non pervenuta è invece la furbizia, seppur non correlata, in entrambi in casi. Non che ci sia niente di male, ma perché Sinisa non ha pensato di affidare alla cabina elettorale il proprio responso anziché ribadirlo prima ai giornali? Perché i contestatori che volevano andargli contro non hanno invece compreso che così facendo assecondavano proprio il pensiero leghista, il quale ribadisce come la volontà popolare tenda a giustificare l'esplicito sostegno solo se mirato a uomini o donne di sinistra?
Seppur le idee dell'allenatore del Bologna non collimino con le mie, per la sua battaglia e per come la sta affrontando nutro profonda ammirazione. Come ho sempre ammirato l'atleta per il suo talento da giocatore, nonostante certe sbandate verbali e non che sul campo poteva (e doveva) evitare e dalle quali ho sempre preso le distanze. La smania del tifo, sia esso sportivo o politico, non dovrebbe mai consumare la ragione offuscandone i principi cardine della moralità e della civiltà. Perché se accade questo non decade il tifoso. Ma l'uomo, in quanto essere umano.
Oramai del tutto allo sbando e con scarse possibilità di redenzione.
- Login o Registrazione
DI' LA TUA
0