
Mancano pochi giorni al termine dell'avventura mondiale. Francia e Croazia si sfideranno per la conquista della coppa del mondo, mentre Belgio e Inghilterra si giocheranno la finalina per il terzo posto. I due più importanti verdetti devono quindi essere pronunciati, eppure un giudizio complessivo sul mondiale russo può essere dato: le grandi stelle, quelle che l'anglofilia ci fa chiamare "top player", non sono state in grado di andare oltre lo scoglio dei quarti e, in alcuni casi, neanche di passare la fase a gironi.
Tra i grandi delusi impossibile non ricordare Messi, Salah, Cristiano Ronaldo, Neymar, Cavani e Suarez, nonché buona parte della favorita Germania. Campioni che, al momento della verità, non sono stati in grado di sfoderare il colpo di genio capace di rovesciare situazioni critiche. Innegabile innanzitutto partire dal presupposto che diverse erano le situazioni di partenza; senza dubbio guidare un utilitaria non è la stessa cosa che sedersi su un spider o una familiare. Così non è possibile paragonare l'uscita dell'Egitto di Salah alla Germania di Neur e Ozil, la batosta argentina vissuta da Messi alla decorosa uscita di scena del Portogallo di Cristiano Ronaldo. Per quanti i nominati siano assolute certezze il calcio consta di altri dieci elementi; senza il loro apporto anche il campione più grande si troverrebbe di fronte un'impresa degna di un eroe omerico.
Vero è, però, che le partite del mondiale hanno evidenziato tre linee di tendenza, in parte connesse. In primo luogo non esistono più le cosidette squadre materasso: anche le piccole e piccolissime rappresentative si sono date una solida organizzazione, possono contare su c.t. provenienti dall'Europa e praticano spesso un calcio votato a sfiancare l'avversario con un catenaccio altamente speculativo. Da qui le sorprese Russia, Svezia, Giappone, Iran e le belle prove offerte da Islanda e Svizzera. Le stesse qualificazioni mondiali non offrono più le scorpacciate di goal alle quali eravamo abituati; se si passa lo si fa raramente con risultati tennistici.
Secondo motivo delle difficoltà delle stelle a brillare è stata l'efficace strategia messa in campo da alcune selezioni. Russia, Svezia e Iran - solo per fare alcuni nomi - hanno semplicemente badato al sodo. Pochi o nessun fronzolo, squadra coperta e pronta a ripartire, sfruttare al massimo i calci piazzati e le rare occasioni create. E così la Russia operaia passeggia sulla leziosa Spagna, l'Iran per poco non beffa il Portogallo di Ronaldo, la Svezia avanza baldanzosa fino ai quarti, la Corea del Sud infila gli abulici teutoni, la Svizzera ferma il Brasile di Neymar...
Ultimo, ma non meno importante, la questione atletica. Il calcio, negli ultimi anni, si è avviato verso una muscolarizzazione evidente. Si corre sempre di più, ci si affida a preparatori di fama, gli staff curano il corpo e l'alimentazione degli atleti in maniera maniacale. Di fronte a undici forsennati che lottano, sprintano e saltano come grilli raramente chi non vanta le stesse condizioni può opporre resistenza. L'esempio della Germania, pur minata, probabilmente, da faide interne al suo spogliatoio, rende bene l'idea di quanto, senza benzina, i campioni possono - e non possono - fare.
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