
Serie D: l'Inferno in terra per le grandi piazze!
Umiliazioni in paesi improponibili sempre dietro l'angolo, passione calpestata per tifosi che ci credono sempre e allontanamento progressivo da parte delle nuove generazioni: questi i risultati ovvi che accadono quando il calcio che contava, al quale ti avevano abituato i tuoi genitori quando eri piccolo, scompare dagli schermi e si scende nella polvere.
E' quello che è accaduto all'Acr Messina che dopo l'ubriacatura della Serie A dei primi anni duemila, è sprofondato in continui fallimenti, societari e sportivi, fino a tornare costantemente in Serie D.
Una categoria infame per qualsiasi piazza che voglia risalire, dove la tecnica non esiste, i giocatori sono dei prospetti scartati e falliti da tutte le parti dove si gioca davvero a calcio e dove a volte basta avere due o tre giocatori, molto in la con gli anni, di spessore e una accozzaglia di gente affamata per provare a tornare nei campionati che contano. Naturalmente per gestire queste armate Brancaleone occorre avere un manico all'altezza e un minimo di programmazione.
E' per questo che grandi piazze non riescono a tornare dove meriterebbero. Ed è sempre per questa motivazione che il fallimento del Messina è facilmente spiegabile.
Il calcio, a queste latitudini, è uno sport semplice dove non bisogna esagerare con delle assurde alchimie tattiche e con cervellotici rimpasti tecnici e societari.
Basta avere del tempo, chiarire gli obiettivi, avere una progettualità seria e i risultati si raggiungono.
Poi ti può capitare la sfortuna di avere nel tuo girone un Bari fuori categoria, con molti soldi e gente che ne capisce sul serio e anche se fai la squadra in due settimane stravinci il torneo senza problemi.
La parola magica di tutta questa storia si chiama competenza: capirne e non esserne vittima del contrario.
Supponenza e incompetenza sono i nemici di questo sport meraviglioso e purtroppo al momento attuale l'Acr Messina ne è ampiamente provvisto.
Sciotto è il principale responsabile di questo nuovo ed ennesimo scempio, ma va detto che nonostante gli annunci di personaggi come Barbera o altri, è l'unico che ci ha messo i soldi in questa idea, molto lontana, di calcio.
Incompetente e presuntuoso, come del resto tutte le persone ignoranti di qualcosa che vogliono fare delle cose che non sono nelle loro corde, il presidente ha buttato nella spazzatura un gruppo e una idea di gioco, quella di Modica, che aveva riavvicinato gli sportivi.
Persa, per la mania di grandezza di un piccolo imprenditore che all'improvviso si è trovato al centro di un mondo ancora più piccolo, l'intera rosa e il suo tecnico ha dovuto rifare tutto daccapo.
E sono arrivati Cozza, mai sedutosi perché ritenuto inopportuno dalla tifoseria ma forse unico dotato di conoscenze calcistiche tali da fare qualcosa di buono, poi Raffaele (che da alcune voci potrebbe rientrare) e infine Infantino.
La rosa è sembrata buona per la categoria, Polenta è arrivato da poco, ma nettamente migliorabile (al netto delle ambizioni) per un buon secondo posto.
L'ultimo tecnico è invece sembrato completamente a digiuno di conoscenze sportive, del resto il suo palmares ricco di fallimenti denota la propensione al fallimento e alla sconfitta, ma con la presunzione (e ci torniamo ancora) di essere uno stratega fenomenale.
Il 3-4-3 è uno schema assurdo per la Serie D, soprattutto per la tipologia degli elementi che ci sono in rosa. Richiede applicazione, tecnica, corsa che non ci sono.
La Serie D richiede schemi semplici per un motivo incredibilmente ovvio: si tratta per la gran parte di giocatori scarsi la cui stupidità tattica è stata uno dei motivi per cui non hanno fatto e non faranno mai carriera (a parte qualche eccezione, ma si tratta di cavalli a fine corsa).
C'è il tempo per recuperare, ma il danno di Barcellona è fatto e un altro anno rischia di essere buttato via.
Ma ci vorrebbe una società diversa, più seria e imprenditori che non esistono in riva allo Stretto!

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