
"Se Dio avesse voluto che giocassimo a calcio fra le nuvole ...avrebbe messo l’erba lassù".
Adesso che sono passati quattordici anni dalla sua scomparsa (è deceduto per un tumore il 20 settembre 2004 a Derby), magari sta insegnando calcio agli angeli tramutandoli in diavoli e l'erba in cielo sarà cresciuta davvero.
Perché quando si parla di Brian Clough, si raccontano imprese impossibili, ai confini del surreale. E' la storia di un uomo a tratti ostile, con le idee molto chiare, aspro nell'esprimersi, perennemente in guerra dialettica con il mondo e sicuramente poco simpatico ai più.
Era un centravanti fortissimo da giovane, tenace e grintoso che vinceva i soventi duelli uno contro uno che generava il "sistema" che era il modulo di gioco che negli anni 60 era di voga in tutto il mondo. Bill Shankly, il leggendario manager che ha inventato il Liverpool, disse di lui :- "E’ peggio della pioggia a Manchester, almeno quella ogni tanto smette". Brian Clough invece di segnare non smetteva mai. Era il classico centravanti britannico, conosceva abbastanza i fondamentali e per niente la paura; botte da orbi e gol a dozzine. Un tiro micidiale, un colpo di testa che non lasciava scampo. La sua carriera si interruppe il 26 dicembre del 1964 durante il boxing day quando si infortunò gravemente col Sunderland.
Come manager riuscì a compiere imprese incredibili con squadre che erano lontane anni luce da tradizioni vincenti e sarebbero poi ritornate nell'anonimato più assoluto.
Il carisma, il suo modo di allenare, e il suo ego smisurato riuscivano a prendere il meglio di ogni giocatore che plasmava a sua immagine e somiglianza, riuscendo spesso a invertire la tendenza di carriere che sembravano vicine al declino o all'anonimato: Robertson, Mc Govern, Viv Anderson sono cresciuti e diventati, insieme a Tony Woodcock, fuoriclasse che segnarono un epoca.
E sono solo alcuni delle decine di brutti anatroccoli, diventati cigni. A Derby, sul leggendario "Baseball Ground", ventimila anime perse sparse in tribune di legno, riuscì a portare una squadra di serie B a vincere il titolo (rocambolesco quando il Wolves demotivato sconfisse l'odiato Leeds e regalò lo scudetto ai Rams) in quattro anni e a sfiorare la finale di Coppa Campioni nel 1973.
Il sodalizio con Peter Taylor, manager e amico, portò a numerose vittorie impossibili anche se si incrinò nel 1982 quando l'assistente di Clough andò al Derby portandosi via Robertson. I due amici fraterni non si parlarono più fino alla morte di Taylor nel 1990. Da qual giorno la passione di Cloughie per la bottiglia aumentò e lo portò a un trapianto di fegato che ne ritardò il decesso al 2004.
Clough, che ha creato il Derby a sua immagine e somiglianza ed ha bisogno di sentirsi “padrone”, entra all'improvviso in rotta di collisione con l’ambiente che lo circonda, e dopo l’ennesima lite furibonda con il “patron” della squadra, Sam Longson, pianta tutto su due piedi.
Il Leeds con il suo gioco sporco è il suo rivale storico ma arriva ad allenarlo: dura, da solo, quarantaquattro giorni.
Viene licenziato da Bremner, capitano dello United, che gli fa la guerra e che senta la nostalgia di Don Revie, passato alla guida della nazionale inglese: "Billy Bremner mi fece sentire un intruso, un clandestino ad un veglione di Capodanno. Non credo abbia mai capito quanto mi abbia fatto sentire male".
Il ritorno agli inferi con il Nottingham diventerà la sua grande impresa. In due anni passa dalla Seconda Divisione al titolo inglese, e vince addirittura due coppe dei Campioni (con Malmo e Amburgo) in una società che mai più ripeterà quei successi.
Il modulo è semplice, ricalca il classico 4-3-3, ma viene corretto grazie alla duttilità di alcuni elementi ed alle scelte innovative che Clough ripropone costantemente fino dai tempi di Derby.
Palla a terra e non lanci lunghi, una vera rivoluzione per il calcio britannico.
Era Brian Clough, football genius, come venne definito. E non esagerarono.

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