
Juan Martin del Potro è un nome importante, con una certa musicalità. Non prettamente raffinata, ma di una bellezza spartana, rude, che fa un po' tenerezza. Proprio come i pianti e la disperazione del gigante buono argentino dopo i gravi infortuni prima al polso destro, nel 2010, poi al polso sinistro, nel biennio 2014-2015. Un calvario senza fine. Dal quale nessuno poteva pensare a un suo reale ritorno.
Lui, che nel 2009 stupì il mondo, sconfiggendo Roger Federer sui campi di Flushing Meadows, a soli ventuno anni. Non è un caso se a New York del Potro è il campione più amato dalla folla, al pari di Federer e Serena Williams. La Torre di Tandil ha superato prove che in pochi sarebbero riusciti a lasciarsi alle spalle. Come l'Araba Fenice, l'argentino è tornato a sfidare i campi da tennis. Dopo quasi due anni di inattività.
Tra alti e bassi eccolo di nuovo protagonista nel 2016, con la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Rio, la vittoria nel torneo 125 di Stoccolma e soprattutto il trionfo in Coppa Davis. Il 2017 è stato più avaro di emozioni e soddisfazioni per lui, con il bis a Stoccolma e la semifinale agli US Open. E quast'anno, proprio sul palcoscenico glamour newyorkese, del Potro potrebbe essere di nuovo tra i più attesi.
Nel 2018 ha già vinto Acapulco e soprattutto il primo Masters 1000 in carriera, a Indian Wells, guarda caso proprio contro Federer. Per la prima volta in carriera ha raggiunto il terzo posto del Ranking ATP. E intanto la folla degli US Open è pronta a tributargli il giusto omaggio. A un campione che ha superato mille difficoltà, senza arrendersi mai, mostrando gli attributi a più riprese, diventando un esempio vivente di forza di volontà e determinazione per tutte le giovani generazioni che si avvicinano al mondo del tennis.
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