
Roger Federer è il più grande tennista della storia. Nessun dubbio a riguardo. Con gli anni, il suo tennis ha raggiunto vette di bellezza inarrivabile. Un caleidoscopio di emozioni che nessun altro tennista della sua generazione è riuscito a regalare ai suoi fans. Record, vittorie inenarrabili, i venti Major conquistati (gli ultimi tre dopo i trentacinque anni), il suo stile di gioco, la classe, l'eleganza, in campo e fuori.
Per quale motivo questo campione è il più amato dalla folla? Molto più di Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray, tennisti amati ma non al livello dello svizzero. Un inizio di carriera da bad boy, come quello dei vari Kyrgios o Tomic, tra racchette spaccate, litigi e un carattere turbolento. Poi, grazie al suo team e ai suoi genitori, Roger ha capito che per vincere bisognava incanalare la rabbia della gioventù in motivazione, dedizione, impegno.
Il talento non è mai mancato. Le sue epiche imprese hanno contribuito farlo entrare nel cuore degli appassionati, ma c'è molto di più. Nell'arco di un'intera carriera, lo svizzero ha mostrato momenti di fragilità emotiva nella quale è facile identificarsi. Il pianto dopo Wimbledon 2008, o agli Australian Open con Nadal. Non è un caso se nei testa a testa, Federer è in svantaggio con Rafa 15-23 (ma ha vinto gli ultimi 5 matches consecutivi) e con Djokovic per 22-24.
Chi non ricorda i due match-point avuti nelle semifinali degli US Open 2010 e 2011 contro Nole? Match-point sprecati, con conseguente vittoria del serbo. Con Nadal ha vissuto psicodrammi incredibili, specialmente tra il 2008 e il 2013. Ma in fin dei conti è tutto questo che empaticamente lo ha avvicinato ai fan. Il campione più grande di sempre, con momenti di puro sconforto, tra trionfi, dure sconfitte, infortuni e ritorni incredibili. Come nelle migliori storie.
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