
118 anni di storia ridicolizzati in un solo pomeriggio. Quella di ieri è stata una giornata storica non solo per il tennis, ma per l'intero mondo sportivo. La Coppa Davis, per come l'abbiamo conosciuta, non esisterà più. Verrà completamente restaurata, a partire dal 2019. Un cambio profondo, che da un taglio netto con il passato.
Una rivoluzione voluta per richiamare l'attenzione del pubblico, dei media e dei top player, che a detta di molti hanno snobbato la coppa del mondo del tennis negli ultimi vent'anni. Più business, con un giro d'affari milionario. L'ITF e il gruppo d'investimento guidato da Gerald Pique hanno varato questa storica riforma: con il 71,43% di voti favorevoli inizia una nuova era. Contrari Gran Bretagna e Australia, a favore gli Stati Uniti.
Tecnicamente parlando, il format avrà questa struttura: si parte a Febbraio con 24 team. Accederanno alla fase finale di novembre (che si disputerà in sede unica, la prima scelta è Lille - ndr) le 12 nazionali vincitrici del turno preliminare, 2 wild-card date dall'ITF e le quattro semifinaliste dell'anno precedente. Nella settimana finale si giocherà in 6 gironi all'italiana composti da tre squadre. Accederanno ai quarti di finale le vincitrici dei gironi e le 2 migliori seconde. Tra le novità della competizione, la più importante riguarda i set: si giocherà infatti al meglio dei 3, non più al meglio dei 5.
Che la Coppa Davis avesse bisogno di un restyling era fuori dubbio. Ma un cambio così radicale rischia di rovinare quella che è la più antica competizione per nazionali della storia dello sport. Si dice che i campioni la snobbino. Ma in questi anni la Davis è stata sollevata al cielo da Roger Federer, Novak Djokovic, Rafael Nadal, Andy Murray, Juan Martin del Potro e Stan Wawrinka. Senza contare che l'ultima edizione è stata vinta dalla Francia.
Il tennis, da sempre considerato uno sport in miracoloso equilibrio tra tradizioni secolari e innovazione tecnologica, rischia con questa nuova Davis Cup di scadere nel banale, erodendo le fondamenta della storia dello sport. La speranza è che il campo dia ragione agli organizzatori.
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