
"Se non fossi diventato un cantante sarei stato un calciatore o un rivoluzionario. Il calcio significa libertà, creatività, significa dare libero corso alla propria ispirazione."
Questa frase l'ha detta un'artista che ora non c'è più, i cui brani hanno lasciato un segno indelebile nel panorama musicale internazionale. L'artista in questione si chiama Robert Nesta Marley. Meglio noto come Bob Marley.
Di Bob Marley si conosce l'infinito e intramontabile repertorio artistico. Sono album e canzoni reggae, testi rivoluzionari e poetici, motivo di riflessione soprattutto in questi tempi bui.
La musica ad alimentare la mente, il calcio per nutrire muscoli e corpo. Già, il calcio: la sua passione più grande. Al pallone, Marley, ci ha giocato parecchio - concerti permettendo - durante la sua breve vita. Una parentesi di libertà, lo sport, dove corsa e divertimento si fondono in un mix perfetto e i pensieri storti volano lontano, laddove non contano un bel niente.
I complottisti - o chi semplicemente ama sparlare per il semplice gusto di farlo - hanno sempre attribuito alla morte di Bob Marley (avvenuta all'età di 36 anni) una questione legata alla droga: sono in tanti, difatti, a indicare l'overdose come reale causa del decesso. Niente di più errato e distorto. Niente di più banale.
Il calvario del musicista giamaicano ebbe inizio quando si accorse di avere l'unghia dell'alluce nera a causa di un pestone. Di primo acchito pensò al contrasto di gioco ricevuto durante una delle tante partite a calcio con gli amici. Una tacchettata, un avversario che ci andò giù pesante. Ma non fu così. Soltanto più tardi l'unghia annerita dell'alluce cadde. I controlli effettuati successivamente rivelarono una sentenza inaspettata e drammatica: melanoma maligno.
Due le soluzioni: la prima (drastica e contro i precetti religiosi ai quali lui era legatissimo) prevedeva l'amputazione del dito; la seconda (meno invasiva e più pratica) la rimozione dello strato di pelle malato sotto l'unghia. Il mito del reggae optò per la seconda. Sbagliando. Poiché il melanoma non venne debellato e si diffuse in tutto il corpo, fino al cervello. Causandone la morte.
Bob Marley spirò l'11 maggio del 1981 e venne seppellito a Nine Mile, là dove era cresciuto e aveva mosso i suoi primi passi.
Cinque oggetti portò con sé, cinque cose volle accanto: una chitarra Gibson, una piantina di marijuana, un anello, una bibbia ed un pallone.
Il pallone, esatto. A rappresentanza di quell'idea di calcio, che fece parte della sua vita, intriso di sfumature di libertà e ispirazione, di creatività, che ha allietato e regalato spensieratezza ad un ragazzo, ad un uomo di talento e carisma, che si è spento troppo presto. E che oggi, 6 febbraio, avrebbe compiuto gli anni.
Tanti auguri dunque, Bob, per i tuoi 75 anni. Ovunque tu sia, qualsiasi cosa tu stia facendo, cantando o palleggiando, buon compleanno.
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