
Le biciclette da corsa dotate di motore elettrico sono state finora un oggetto semisconosciuto sia nel mercato che tra gli appassionati dello sport delle due ruote a pedali. È bastato che lo scorso fine settimana venisse presentata ai media e al pubblico la nuova Pinarello Nytro, prima bici elettro-assistita progettata e costruita da uno dei marchi mondiali più conosciuti e amati dal pubblico, per scatenare un acceso dibattito fra i puristi della bici da corsa (la stragrande maggioranza a dire il vero) e coloro che invece dimostrano apertura verso questa novità.
È bastata un uscita in gruppo con altri amatori per capire la portata dell'evento. Non si parla di altro e comincia a serpeggiare un atteggiamento di aperta ostilità verso chi manifesta anche un minimo interesse verso l'elettrica. Qualcuno ha addirittura minacciato l'amico e compagno di centinaia di uscite di "ripudiarlo" al solo pensiero che in qualche modo potesse anche minimamente esserne favorevole. Una vera e propria caccia alle streghe, quasi da Tribunale dell'Inquisizione. Per il mondo degli appassionati questa non è la semplice introduzione di una novità tecnica, come ad esempio quella dei freni a disco (che ha anch'essa spaccato il mondo dei ciclisti tra pro e contro ma forse più per una questione meramente estetica piuttosto che tecnologica) ma una vera e propria rivoluzione in grado di minacciare l'integrità di uno sport dedito alla fatica come il ciclismo. Ma come, si cerca di combattere in tutti i modi il doping tecnologico, a tutti i livelli, e adesso il marchio che produce le biciclette usate da Froome & Co. ne costruisce e commercializza una "legalizzata"?
La verità è che l'amatore, una volta vistosi passare a doppia velocità in salita nel momento del suo massimo sforzo, si è sempre domandato se chi lo superava lo avesse fatto con le sue gambe o con un aiutino tecnologico (o magari farmaceutico) ma alla fine ha sempre riconosciuto la superiorità dell'avversario. Ora nella sua testa c'è un nemico in più, la bici elettrica di serie, e questo non è in grado di accettarlo. Probabilmente il management Pinarello avrà ragione anche questa volta e la Nytro sarà l'ennesimo successo commerciale della casa trevigiana. O forse si potrebbe rivelare un boomerang e scalfire il prestigio guadagnato negli anni. A tal proposito ci piacerebbe sapere come la penserebbe Nani Pinarello, capostipite della famiglia e maglia nera al Giro d'Italia nel 1951. Chissà.... intanto il dibattito tra pro e contro continuerà a lungo.
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